giovedì 27 ottobre 2016

Di chi è l'Atac?


"GIÙ LE MANI DALLA NOSTRA ATAC
Vogliono togliere l’Atac ai romani ma noi non lo permetteremo!
L’Atac non si tocca perché è dei cittadini che l’hanno profumatamente pagata con le loro tasse. Per anni.
La strana alleanza Pd-Fi – sì, sono proprio quelli del Patto del Nazareno - ha votato una mozione in Senato per chiedere che l’azienda di trasporto pubblico romano venga commissariata.
Questa mozione della vergogna, che è un insulto a tutti romani, è stata presentata proprio da quei partitucoli che dopo aver spolpato per anni la nostra azienda, dopo averla sovraindebitata, dopo averla abbandonata, senza manutenzioni, senza servizi degni di tale nome, adesso vogliono chiuderla regalandola ai privati.
E lo fanno adesso perché vedono che i romani hanno dato fiducia ad un movimento che da quello scempio sta facendo rinascere un'azienda: 150 nuovi bus in arrivo, riordinare i conti, biglietti elettronici, corsie preferenziali e tanto altro per il rilancio.
I loro giochi sono finiti e allora, per evitare che qualcuno possa scoprire tutto il marcio, vogliono riprendersela ancora una volta.
E, soprattutto, mentre lo fanno scappano dalle loro responsabilità di governanti: avrebbero potuto dare un bel segnale con la riduzione degli stipendi e invece distolgono ancora una volta l'attenzione dalle loro responsabilità.
Ma stavolta non glielo permetteremo: se vogliono la guerra, la guerra avranno.
Il trasporto pubblico locale è un servizio essenziale, Atac è nostra.
Vergognatevi"

Questo post del sindaco Raggi spiega, se mai ve ne fosse bisogno, perché Roma (e probabilmente l'Italia) è destinata al fallimento. Perché i problemi vengono affrontati con ideologie che andavano (forse) bene 60 anni fa, ma certamente non oggi. Oggi si sa (perché i Paesi più avanzati lo hanno dimostrato con prove concrete positive, e l'Italia con prove concrete negative) che il servizio pubblico deve essere efficiente anche se di proprietà dello stato o di un ente locale, perché se è in perdita, i cittadini ci rimettono, dovendolo mantenere con le loro tasse, quindi più che essere "di tutti", diventa di quelli che ci lavorano, che grazie ad esso guadagnano, mentre per la collettività diventa soltanto una zavorra. Per il resto, non è necessario che un servizio pubblico sia per forza gestito dal pubblico, perché quello che conta non è chi possiede cosa, ma la qualità del servizio, quindi un servizio pubblico può essere anche gestito da privati.
Invece il post di Virginia Raggi trasuda ideologia, la vecchia ideologia statalista, da tutti i pori. In pratica secondo la Raggi i cittadini romani dovrebbero considerare l'Atac, l'azienda dei trasporti più inefficiente e costosa d'Europa, come "cosa loro". Invece di essere ben felici di liberarsene, in modo da non dover più pagare le addizionali locali più alte d'Italia, per mantenere un carrozzone che non è in grado di assicurare un servizio di trasporti decenti, ma in cambio ha quasi 12.000 dipendenti, quando ne basterebbero un terzo, secondo la Raggi dovrebbero dolersene. Certo deve essere un gran dolore perdere un'azienda di trasporti che ha il record di dipendenti ma in compenso ha un parco di autobus stravecchi, con mezzi che hanno fatto milioni di chilometri e si rompono in continuazione (a settembre il 32% dei mezzi era guasto).
E naturalmente le due cose sono collegate: gli autobus sono stravecchi perché non ci sono i soldi per comprarne di nuovi, e i soldi non ci sono perché il grosso delle spese dell'Atac se ne va in stipendi, oltre al fatto che quasi nessuno tra i passeggeri paga i biglietti. Quindi non per la "corruzione" o per "mafia capitale", ma perché la vecchia politica, la "casta", che i 5 Stelle dicono di voler superare, faceva regali alla "gente", in modo da tenersela buona e ottenere in cambio i voti.
Ora, sarà anche vero che sono in arrivo 150 autobus nuovi, che comunque sono stati ordinati dalla precedente amministrazione, ma il problema è che questi sono meno di un decimo del totale, oltre 2.000 autobus che hanno un'età media di 17 anni, mentre i 164 tram hanno in media 32 anni, le metropolitane 13 anni, e i treni della Roma-Giardinetti l'incredibile età di 55 anni.
Ora, se fosse stata un'azienda privata, l'Atac sarebbe fallita da tempo, ma fino ad ora la si è tenuta in piedi, facendola mantenere dai contribuenti (non solo romani, peraltro, ma di tutta Italia), seguendo la tradizione italica delle aziende pubbliche che accumulano debiti perché sono concepite come stipendifici per dirigenti e dipendenti, come lo era ad esempio l'Alitalia; e comunque è evidente che per risanare un carrozzone che ha accumulato 1,3 miliardi di Euro di debiti e spende il grosso in stipendi (536 milioni l'anno), ci vorrebbe un miracolo. Non solo i dipendenti sono troppi, ma ci sono anche troppi dirigenti (in media uno ogni mille dipendenti).
Per carità, la Raggi ha trovato una situazione già disperata (la colpa è delle precedenti amministrazioni, di centro-sinistra e centro-destra, che hanno lasciato crescere i debiti e invece di intervenire hanno continuato ad assumere, e da ultimo di Marino che non ha avuto il coraggio di portare i libri in tribunale, e ha pensato, come ora pensa la stessa Raggi, che l'Atac si potesse risanare in maniera soft) e quindi non ha colpe, ma è interessante notare la sua reazione, del resto perfettamente in linea con l'ideologia grillina: il pubblico è sempre buono, ciò che è pubblico è di tutti, anche se offre servizi scadenti e costa moltissimo ai contribuenti, e anche a quelli che non ne usufruiscono. Naturalmente non si dice che uno dei problemi fondamentali è l'eccesso di dipendenti, ma si accusa genericamente le precedenti amministrazioni di aver fatto debiti. Ovvio che con questi presupposti non è possibile risanare alcunché.
Il 16 ottobre scorso sarebbe stato il giorno in cui scadevano i debiti dell'Atac nei confronti delle banche (che ammontano a 182 milioni): se avesse dichiarato di non essere in grado di pagare, l'Atac avrebbe dovuto dichiarare default. Allora cosa ha fatto il Comune? Ha semplicemente rimandato, per l'ennesima volta, e di due anni, la scadenza del pagamento dei debiti che l'azienda deve allo stesso Comune (429 milioni), in modo che potesse versare un po' di denaro alle banche. Insomma, si continua a prendere a calci la lattina, in attesa di non si sa cosa, forse un miracolo. O forse, come ipotizzavo nel precedente articolo, dell'arrivo di un soccorso da parte del Governo (quando sarà a 5 Stelle?), cioè dell'ennesima vagonata di soldi pubblici (che, lo ricordiamo, sono dei contribuenti, non vengono dalla luna, anche se i 5 Stelle questo non sembrano averlo capito).
Ora sarà interessante vedere cosa si inventerà il Comune nel bilancio di fine anno, come potrà coprire il buco dovuto a questa entrata mancante. Ma sono sicuro che ci sapranno di nuovo stupire con effetti speciali, raccontando magari in un altro post su Facebook di come va avanti la "rivoluzione" (che in realtà si legge: restaurazione) dei 5 Stelle al Campidoglio.
Peccato, i 5 Stelle avrebbero potuto rappresentare un vero cambiamento, ma purtroppo hanno le stesse ideologie dei partiti che stanno provando a sostituire, anzi, ne rappresentano la parte più conservatrice, sembrano rimasti agli anni '80, ai mitici anni '80 del Caf in cui la politica regalava soldi a debito, credono che nell'epoca della globalizzazione un Paese, peraltro già iper-indebitato, possa vivere di spesa pubblica a gogo. E in fondo è per questo che ottengono un consenso così ampio: perché fanno credere (e la gente ci crede volentieri) che questo Paese sull'orlo del baratro per essere risanato non abbia bisogno di dolorose riforme, ma soltanto di amministratori onesti, che prendano stipendi un po' più bassi... in pratica che la crisi si possa far pagare alla casta.
La domanda è: quanto ci vorrà prima che si scontrino con la realtà? E quanti danni avranno fatto nel frattempo?

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