mercoledì 9 gennaio 2013

Monti e Berlusconi


E così il partito di Franco Fiorito e Nicole Minetti ha ritrovato l'alleanza con il partito di Belsito e Renzo Bossi. I due partiti si erano separati in seguito alla nascita del governo Monti, che per la Lega era un partito pessimo perché... metteva le tasse. Infatti come è noto le tasse Monti le ha messe per gioco, per divertimento. Furba anche la strategia di Berlusconi: prima ha sostenuto Monti, lasciando che fosse lui a sporcarsi le mani con misure impopolari come la reintroduzione dell'Imu, poi ha fatto cadere il governo giusto in tempo per evitare che passassero alcune leggi come l'assegnazione delle frequenze tv. E adesso va tutti i giorni in televisione a dire che il governo Monti è stato una sciagura perché... ha messo l'Imu.
Intanto l'importante iniziativa politica di Giorgia Meloni e Guido Crosetto, che avevano coraggiosamente affermato di voler fondare un movimento politico che non stesse né con Monti né con Berlusconi, ha finalmente portato un grande risultato, con la nascita del movimento chiamato "Fratelli d'Italia", che si è subito alleato... con Berlusconi.
Intanto la discesa (anzi la salita in campo) di Monti ha fatto sì che vi sia un'altra coalizione competitiva nel campo del centro-destra, per cui gli elettori cosiddetti moderati ora non hanno più scuse. Devono scegliere tra Monti e Berlusconi, tra la serietà e la demagogia. Chi sceglieranno? I sondaggi dicono che comunque l'alleanza Lega-Pdl ha ancora almeno un 25% di consensi, in pratica un italiano su 4. Ma chi sono questi elettori disposti a votare per chi ha governato per 8 degli ultimi 10 anni, lasciando l'Italia in una stagnazione unica al mondo (dopo Haiti)? E come è possibile che siano disposti a votare di nuovo per i partiti protagonisti dei tanti scandali di corruzione emersi negli ultimi mesi? E come è possibile che siano disposti a votare per un candidato premier che è chiaramente visto come ridicolo e impresentabile in tutto il mondo?
Per capire come sia possibile una cosa del genere occorre tenere presente che l'Italia è un Paese enormemente patrimonializzato, per cui esiste una fetta della popolazione (ora comunque minoritaria a causa della crisi) che se la può cavare ancora per molti anni, anche se l'econonmia non cresce più. Per un ricco pensionato che magari possiede tre case o per un professionista che dispone di un buono stipendio, è conveniente votare per chi comunque fa capire che non gli alzerà le tasse (anche se si è capito che non è capace di abbassargliele), che non gli darà fastidio, che lo lascerà in pace. C'è poi tutta l'enorme platea degli evasori, che sa bene qual è il parito, o meglio la coalizione di riferimento, per loro.
Berlusconi ha rappresentato e rappresenta quella parte dell'Italia che crede, o vuole credere, che gli anni '80 non siano mai finiti. Il sistema politico-economico del Caf (Craxi, Adreotti, Forlani), basato sulla spesa pubblica facile, spesso legata alla corruzione, e sulla tolleranza dell'evasione e dell'economia in nero, oggi non è più possibile perché l'Italia è nell'Euro, e deve per forza rimanere al passo degli altri Paesi europei, quanto a competitività ed efficienza. Il messaggio politico di Berlusconi nella sostanza è stato sempre "in Italia va tutto bene", a cui si è affiancato quello della Lega, che è stato qualcosa tipo: "al nord va tutto bene". Questa è la ragione del fatto che i due partiti sono stati alleati quasi sempre nel corso degli ultimi 18 anni. Di fatto sono due partiti simili, fondati l'uno sull'egoismo territoriale, l'altro sull'egoismo di classe. Come abbiamo visto in Grecia, una parte della società è capace di andare tranquillamente avanti come aveva fatto prima, anche se nel frattempo il Paese va in malora. La corruzione e l'evasione non diminuiscono, chi è al governo non fa le riforme. Naturalmente l'alleanza tra le inefficienze del nord e quelle del sud presenta delle contraddizioni, perché il nord è comunque molto più produttivo, ed entro certi limiti si può permettere di mantenere inutili consigli provinciali e consiglieri regionali che rubano, ma la natura demagogica dei due partiti fa sì che la contraddizione possa venire tranquillamente tollerata, infatti alla Lega come al Pdl non interessa veramente cambiare le cose, perché sanno che basta cavalcare i problemi per ottenere il consenso sufficiente ad occupare le poltrone. Non essendo votati per le riforme che promettono ma per conservare dei privilegi, non hanno motivi particolari per cambiare le cose. Tanto sanno che per il loro elettorato l'unica cosa che conta è pagare meno tasse.
Il divorzio del Pdl dalla Confindustria, avvenuto ormai più di un anno fa, ha mostrato la vera natura del centro-destra targato Berlusconi, che non è legato alla parte produttiva, ma a quella patrimonializzata e/o parassitaria, del Paese. Una parte però così consistente che è comunque in grado di influire sulla vita politica del Paese. Anche in tempo di crisi.
Dall'altra parte c'è Monti, che ha capito che se il sistema non viene seriamente riformato, crolla. Ma questo interessa la parte più consapevole dell'elettorato, e anche quelli che per il mestiere che fanno hanno un diretto interesse a vivere in un sistema efficiente. Ad esempio, le aziende che si confrontano nel mercato. Invece le categorie protette e le aziende che lavorano per lo stato, i monopolitisti, i pensionati e chi vive di rendita, non hanno di questi problemi. Questa è la ragione per cui oggi ci sono due destre, perché gli interessi delle categorie di riferimento si sono divisi.
Ed è anche questa la ragione della inevitabile convergenza tra una delle due destre, quella di Monti, con la sinistra moderata di Bersani. Perché anche la sinistra sa che per evitare il tracollo, il sistema deve essere riformato. Cosa che a quanto si vede non interessa alle categorie privilegiate.

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