martedì 4 settembre 2012

Legalizzare la prostituzione?


La recente proposta del sindaco di Napoli De Magistris di aprire quartieri a luci rosse gestite dai comuni ha riacceso il dibattito sulla legalizzazione della prostituzione. Per completezza d'informazione va detto che lo stesso De Magistris ha sostenuto che non ci deve essere "nessuna legittimazione" perché "deve passare il principio che non e' ammissibile che una persona venda il proprio corpo", quindi ha aperto il dibattito più che altro per trovare la soluzione migliore al problema.

E' comunque curioso che alcuni Stati appartenenti alla stessa area geografica e culturale (l'Europa, l'Occidente) abbiano leggi di stampo opposto rispetto alla prostituzione.
Alcuni proibiscono la prostituzione in sé (come gli Stati Uniti), altri vietano solo lo sfruttamento (come l'Italia), altri puniscono il cliente (come la Svezia).
A ben guardare però nei fatti la realtà dei diversi Paesi è più somigliante, perché chi la proibisce di fatto spesso la tollera, mentre le punizioni nei confronti dei clienti non sono abbastanza dure da scoraggiare del tutto la pratica. Inoltre, anche laddove la prostituzione è legalizzata o in qualche modo regolamentata, non è scomparso del tutto il mercato clandestino. 

Ma qual è la posizione più corretta dal punto di vista teorico?

A mio avviso si deve partire da alcuni punti fermi.
1- Uno Stato liberale moderno non può proibire un determinato comportamento per motivi puramente morali, altrimenti si trasformerebbe in Stato etico.
2- D'altro canto, legalizzare e non proibire sono due cose diverse. Non proibire significa sostenere che non ci sono gli estremi del reato, mentre legalizzare significa che lo Stato accetta pienamente, considera pienamente legittimo un determinato comportamento.

Ora, a mio avviso considerare pienamente legittima la prostituzione non è corretto. La questione non è morale nel senso di una morale prescrittiva e di stampo religioso, ma è morale nel senso che ha a che fare con la dignità personale e con il concetto di "vendere sé stessi". Non è dunque il sesso il problema, è semmai il denaro, o meglio il denaro usato non come contropartita di una prestazione qualunque (come può essere ad esempio, raccogliere i pomodori o vendere giornali), ma di una prestazione che consiste nel cedere il proprio corpo controvoglia in cambio di denaro. Si potrebbe obiettare che non è detto che questa cessione del proprio corpo avvenga controvoglia, anche se penso che all'atto pratico sia così per la maggior parte delle prostitute, dal momento che questo "mestiere" consiste nell'andare con qualunque cliente si presenti (chi vende qualcosa non può certo scegliersi il cliente). Chi difende la legalizzazione della prostituzione dovrebbe sostenere che sia normale ("normale" qui inteso in senso statistico) fare sesso con chiunque, senza poterlo scegliere, quindi giovani, vecchi, belli, brutti, simpatici, antipatici ecc., anzi, che per molte persone sia un'attività "bella in sé". Infatti, se lo si vuole paragonare ad un mestiere come un altro, bisognerà riconoscere che qualcuno lo considererà una vocazione, una passione, come accade almeno a qualcuno, riguardo agli altri mestieri. Certamente ci può essere chi fa il pescivendolo o l'avvocato o il giornalista solo per guadagnare, per mangiare, per sbarcare il lunario. Ma tutti i mestieri, o quasi, hanno almeno qualche sostenitore, qualche appassionato, qualcuno disposto a farlo anche gratis. O quantomeno qualcuno che vi trova (nel mestiere in sé, non nel guadagno che comporta) qualcosa di buono.
I difensori della legalizzazione della prostituzione non si possono limitare a difendere la scelta personale, perché con lo stesso criterio si potrebbe giustificare qualunque comportamento, qualunque azione, dal momento che c'è chi per "scelta personale" si arruola nella mafia, fa il sicario, o più banalmente accetta di lavorare tutto il giorno in uno scantinato a confezionare borse in nero. Si dirà che chi si arruola nella mafia viola la legge, ed è vero, e infatti è giusto proibire le azioni criminali e l'arruolamento nella mafia, mentre la prostituzione, nella misura in cui è libera, non va proibita. Ma da qui a legalizzarla ce ne corre.

Ma ecco alcuni argomenti addotti per sostenere la legalizzazione della prostituzione, con il mio relativo commento.

- La prostituzione è il mestiere più antico del mondo. E' inutile cercare di eliminarla, non ci si è mai riusciti.

Benissimo. Allora con lo stesso ragionamento si potrebbe dire: "è inutile cercare di eliminare la guerra, non ci si è mai riusciti". E' evidente che questo è un argomento che ha senso solo se la cosa di cui si parla viene considerata "buona in sé", o quantomeno non "cattiva in sé". Ma allora si abbia il coraggio di dirlo apertamente, e si dica non che è inutile, ma che è sbagliato.

- Se c'è richiesta e c'è mercato, allora è legittimo.

Anche qui siamo di fronte ad un modo indiretto per cercare di dare piena legittimità a qualcosa, utilizzando uno strumento, in questo caso il mercato, che c'entra poco. Infatti, con lo stesso ragionamento, si potrebbe difendere la vendita degli organi. Se c'è qualcuno disposto a venderli e qualcuno disposto a comprarli, che male c'è? E che dire allora della vendita dei bambini? Che male c'è se una coppia vuole vendere il proprio bambino, magari ad un'altra coppia che lo desidera ed è disposto a crescerlo con tanto amore? Come si vede, la legge non riconosce i casi in cui si fa qualcosa che viola la dignità della persona, e nega che il mercato possa riguardare tutti gli ambiti dell'esistenza.

- Non vi sono motivi per non legalizzare la prostituzione, dal momento che vi sono già mestieri legali in cui è palese lo sfruttamento del lavoratore, o comunque in cui le condizioni sono disagiate.

Questa è una posizione curiosa. Normalmente si dovrebbe cercare di rendere la società migliore e non peggiore. Legalizzare un fatto negativo solo perché ne esistono altri negativi, non mi sembra un'idea geniale. Forse sarebbe meglio cercare di migliorare la condizione di quei lavoratori che si considerano in qualche modo sfruttati? Io direi di sì.

- Anche altri mestieri provocano disgusto, come quello dell'infermiere.

Intanto nessuno è costretto a fare l'infermiere. Poi, chi lo fa, si presuppone (si spera) che vi trovi anche degli elementi positivi. Anzi questo è uno dei mestieri in cui vi è chi lo fa per vocazione, e anche gratis (volontariato). E' curioso (anzi è illuminante) che comunque, per difendere la prostituzione, invece di portare elementi positivi a suo favore, si cerchi di degradare gli altri mestieri.

- Meglio fare la prostituta per scelta personale e non essere schiavizzata da nessuno, che fare l'impiegata o la segretaria con un capo poco rispettoso, maleducato, incivile, sfruttatore.

Qui siamo sempre nel filone del "meno peggio". Quindi, invece di cercare di migliorare la società, accettiamo una cosa negativa, perché ve ne sono anche altre. Peccato che esistono le leggi contro il mobbing. A me se un'amica raccontasse di subire molestie di qualche tipo o pressioni psicologiche sul lavoro, io le consiglierei di cambiare lavoro, non di accettare in silenzio, perché in India ci sono gli schiavi o in Pakistan lavorano i bambini di otto anni.

- La prostituzione è una scelta personale. Nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare se le condizioni di lavoro siano degne.

E' curioso come per difendere la prostituzione si sostenga il contrario di quello che normalmente si fa in altri ambiti. La maggior parte delle persone riconosce come positive le leggi sull'orario di lavoro, sul salario minimo, contro il mobbing ecc. E adesso si scopre che nessuno può dire nulla sul lavoro perché è una scelta personale. Benissimo, allora torniamo all'800, e sosteniamo (con i liberisti più estremi) che il lavoro è un libero contratto alla pari tra datore di lavoro e lavoratore, in cui lo Stato non deve interferire. Sostenetelo pure, ma dopo non venite a lamentarvi per le condizioni di lavoro in Cina o in Vietnam. Se si accetta che esista un criterio oggettivo per valutare il rispetto della dignità del lavoratore, questo deve valere sempre. Io considero legittima una posizione diversa dalla mia, purché sia coerente.

- La legalizzazione della prostituzione porterebbe molti soldi nelle casse dello Stato.

Se è per questo, lo farebbe anche la legalizzazione della mafia. Veramente pensiamo che lo Stato si debba vendere per un piatto di lenticchie? No, non ci siamo. Ribadisco che chi chiede di legalizzare la prostituzione, dovrebbe sostenere che sia in sé un mestiere bello, o gradevole, quantomeno per chi decide di praticarlo. Poi può anche aggiungere che chi lo pratica dovrebbe pagare le tasse.

- I politici sono ipocriti perché sono i primi ad andare con le prostitute.

Se questo è un argomento, allora legalizziamo pure l'evasione fiscale, la corruzione ecc. Siamo sempre alle solite: vogliamo che la società migliori o ci limitiamo a riconoscere l'esistente? Basta dirlo, ma dopo non voglio sentire critiche nei confronti degli italiani furbi che non pagano le tasse o dei politici che rubano. Se va tutto bene così, va tutto bene sempre.

- La prostituzione non fa del male a nessuno.

Questo, lo ribadisco, è un motivo per non proibire, non per legalizzare una cosa, che significa accettarla pienamente. Tra l'altro, a mio avviso invece la prostituzione fa del male a qualcuno, perché all'atto pratico la prostituzione sarebbe (è) per la maggior parte delle prostitute, una "scelta" che avviene in condizioni di degrado morale e/o economico. E' vero che non si possono proibire le scelte personali, e che ciascuno è giudice in causa propria, ma bisogna anche fare in modo che le condizioni della scelta siano le migliori possibili: più consapevolezza, e più opzioni disponibili. Quello a cui bisogna puntare è una società in cui sia assicurato a tutti il mantenimento della dignità personale. D'altro canto la stessa Costituzione italiana riconosce l'esistenza del concetto di dignità, e il suo legame con il lavoro:
Art. 41. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

- Molti si prostituiscono per pagarsi gli studi o per arrotondare, per arrivare a fine mese, pagare il mutuo ecc., e vivono bene lo stesso.

Questa non mi sembra una prova che sia una scelta piacevole, anzi. Semmai è la prova che spesso lo si fa per necessità. In ogni caso la prostituzione saltuaria, come scelta da parte di chi in qualche modo ha una vita tutto sommato agiata (si pensi allo studente che poi diventerà un avvocato), non può essere paragonata alla prostituzione come mestiere full time. Ad esempio in questo caso ci si potrebbe permettere di selezionare i clienti.

- C'è chi fa film pornografici, foto erotiche, spettacoli erotici ecc., con piena soddifazione.

Qui però si sta cambiando argomento, si sta traslando lo scenario. Non è detto che rispondere ad un telefono erotico o esibirsi in una webcam siano la stessa cosa del prostituirsi in un bordello. In ogni argomento ci sono eccezioni, casi limite, casi diversi, che non possono essere usati per fare confusione.

In sintesi, per sostenere la legalizzazione della prostituzione, bisogna sostenere che essa non è un male in sé, che anzi può essere un bene, un'attività dai risvolti sociali positivi, e che né in teoria né in pratica andrebbe contro la dignità della persona. A me pare che non ci siano le condizioni per sostenere una tesi del genere.

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