domenica 16 settembre 2012

Il caso Fiorito e la politica italiana


La reazione del segretario del Pdl Alfano ("Non abbiamo niente a che fare con rubagalline, ladri e mascalzoni "), e ancora di più quella dell'ex ministro Giorgia Meloni allo scandalo che riguarda l'uso dei fondi del Pdl per uso privato nel Lazio, è quantomeno eccessiva. La Meloni ha addirittura detto: "La gente come Fiorito ci fa schifo. Chi ha rubato come lui va cacciato fuori dalle palle a calci sui denti". Peccato che il Pdl sia già pieno, sia a livello nazionale che a livello locale, di esponenti coinvolti in procedimenti giudiziari, di indagati e condannati. A cominciare naturalmente dal suo padrone. E fino ad ora, per anni, valeva sempre la presunzione di innocenza, anzi i politici indagati erano sempre vittime dei magistrati politicizzati, e i parlamentari venivano regolarmente salvati dalle indagini, oltre che naturalmente dal carcere.
Negli altri partiti non va molto meglio, anche se il record del Pdl non lo batte nessuno.
Una delle possibilità per spiegare una reazione così intransigente, è che si avvicinano le elezioni e dunque il partito vuole apparire pulito, come già fece nel 2010, quando Berlusconi promise in pochi giorni una legge contro la corruzione, che naturalmente, a elezioni avvenute, non si fece.
Un'altra possibilità è che sia un'occasione per un regolamento di conti interno, tra le diverse anime del partito nel Lazio.
Anche la reazione del presidente del Lazio Polverini è curiosa, dal momento che dopo anni nel consiglio regionale, è curioso che non si sia mai accorta di quale fosse l'andazzo. Come al solito non è pervenuta l'opposizione, che evidentemente partecipava (come già si è visto per il caso Lusi) ad un sistema in cui i partiti non devono rendere conto a nessuno dei lauti finanziamenti che ricevono.
Ma l'aspetto più interessante della vicenda riguarda probabilmente il motivo per cui un sistema politico di questo tipo, fino ad ora ha funzionato senza che nessuno protestasse, mentre adesso mostra la corda e suscita l'indignazione popolare. La ragione sta nel fatto che la politica ha sempre distribuito favori e privilegi alla stessa popolazione.
Franco Fiorito, già sindaco di Anagni, detto Mr. Preferenze, già dal curriculum si capisce che fa pienamente parte del sistema politico italiano, dove la politica funziona in un certo modo, soprattutto nel centro-sud.
Per questo il tentativo di dipingerlo come una "mela marcia" da parte del suo partito è ridicolo, mentre ha sicuramente ragione lui dicendo che "così fan tutti", anche se questa naturalmente non può valere come giustificazione, da parte del reo colto con le mani nella marmellata.
Evidententemente, se ha saputo collezionare molte preferenze, vuol dire che in qualche modo ha saputo ottenere consensi nella popolazione. Per questo non credo alla favola, raccontata dai demagoghi, del popolo buono vittima innocente di una classe politica cattiva e ingorda. La differenza rispetto al passato è che oggi c'è la crisi economica, ci sono meno soldi, e la gente accetta sempre di meno i privilegi dei politici, se non può avere qualcosa in cambio. Ma questi privilegi sono stati per decenni la merce di scambio tra gli elettori e la classe politica, un do ut des in cui una mano lavava l'altra e ognuno curava i propri interessi particolari.

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