lunedì 16 marzo 2009

Identità e radici




In questi tempi si parla sempre più spesso delle "radici" cristiane dell'Europa, e del rischio che l'Europa avrebbe di perdere la sua "identità"cristiana. Queste tesi sono sostenute da parte cattolica (v. Ratzinger e Ruini), ma anche da parte laica (v. Pera e altri).


Ora, vorrei fare una piccola riflessione sulla connessione tra radici e identità, perché mi pare che si faccia confusione tra i due termini, e che questa confusione nasconda risvolti inquietanti per la libertà individuale.
Cominciamo dalle radici. Si dice: "le radici dell'Europa sono cristiane". A me questo sembra vero, ma solo in parte. Mi pare evidente che la storia dell'Europa sarebbe incomprensibile senza il cristianesimo, ma vi sono anche altri elementi che hanno avuto una grossa importanza. Cosa sarebbe l'Europa senza l'illuminismo? e senza la democrazia e il suffragio universale? e la filosofia greca, il diritto romano, la scienza moderna, il liberalismo e il socialismo?

Quindi, sarebbe più corretto dire "il cristianesimo fa parte delle radici dell'Europa", o "le radici dell'Europa sono, tra le altre cose, cristiane".

Naturalmente si può sostenere che alcune di queste correnti di pensiero, come il liberalismo e il socialismo, abbiano un'origine cristiana. La libertà e l'uguaglianza sono infatti concetti che in Occidente hanno ricevuto una spinta importante dal cristianesimo e dalla mentalità cristiana. Questo può essere vero, ma appartiene più alle ricostruzioni della storia delle idee, che ai fatti concreti. Va infatti ricordato che, quando si sono affermate come correnti indipendenti, la libertà, la democrazia e l'uguaglianza sono state apertamente osteggiate dalla chiesa cattolica, e si sono affermate attraverso rivoluzioni che hanno scardinato l'ordine esistente dell'ancien régime. Ad esempio la libertà e la democrazia furono chiamate da papa Leone XIII le "cosiddette libertà moderne", e tutte le dottrine moderne furono condannate dallo stesso papa nel "Sillabo" (1864).



In ogni caso, essendo l'Europa il risultato dell'incontro di diverse tradizioni e diverse culture, se vogliamo porci a "difesa" di esse, dovremmo difenderle tutte e non solo quella cristiana.

Sempre che abbia senso mettersi nell'ordine di idee della "difesa". Se una tradizione è viva, se ha ancora qualcosa da dirci, rimarrà vitale nella nostra società. Viceversa, le idee che ormai appaiono superate, verranno naturalmente abbandonate. La difesa dell'identità cristiana è dunque un'ammissione di debolezza da parte della chiesa cattolica, sullo stato in cui versa la dottrina cattolica nella società moderna (non affronteremo qui la connessione problematica tra cristianesimo e dottrina cattolica).


Quello poi che non convince, è l'identificazione che viene fatta, ma che non consegue logicamente, tra le radici e l'identità. "Poiché noi abbiamo certe radici", è il sottotesto dei discorsi di questo tipo, "allora dobbiamo preservare la nostra identità cristiana".



In primo luogo, non è detto che l'individuo si debba per forza uniformare alle tradizioni della regione in cui è nato, anche ammesso che queste siano univoche (cosa che comunque, come abbiamo visto, non è per l'Europa). L'identità personale è sempre qualcosa di plurale, e in continua evoluzione.


Fosse corretto il ragionamento di chi vuole connettere le radici con l'identità, ciascuno sarebbe condannato a perpetuare come identità indissolubile quelle che sono (o si sostiene che siano) le proprie radici culturali. Il musulmano dovrà praticare il culto e vivere secondo la tradizione musulmana, così l'ebreo, così il cristiano ecc.


Se fosse vero questo, allora dovremmo dare ragione ai parenti di quei giovani (in genere ragazze...) che vengono puniti o peggio perché "vogliono vivere all'occidentale"."Non si comportava da brava musulmana", ha sentenziato la sorella della povera ragazza pachistana uccisa dal padre. E chissà se si potrebbe sostenere che non si comportava neanche da brava pachistana, visto che ogni Paese ha le sue tradizioni che sono difficilmente distinguibili da quelle puramente religiose (del resto il cardinale Ruini ha difeso la presenza del crocifisso nei luoghi pubblici, in quanto questo sarebbe legato all'identità dell'Italia).

Insomma, se stabiliamo come necessaria e inderogabile la connessione radici-identità, per cui diciamo che chi ha certe radici deve sempre farne la propria identità, allora costringiamo tutti gli individui ad essere inchiodati alle radici di appartenenza, ponendo fine alla libertà di scelta che invece è e deve essere riconosciuta a tutti gli individui, libertà che sola consente l'evoluzione spirituale e civile di una persona.
Un principio fondamentale della democrazia moderna, è l'autodeterminazione dell'individuo, il quale ha diritto di scegliere come condurre la propria vita, e quali debbano essere i propri valori, etici, politici e religiosi.


Tra l'altro, la connessione identità-radici è in contraddizione con la stessa idea cristiana di evangelizzazione e di conversione, così centrale nella storia del cristianesimo, e anche con la libertà di culto, che seppur a fatica la stessa chiesa cattolica ha finalmente riconosciuto.
Proprio i cristiani hanno per secoli cercato di evangelizzare gli individui appartenenti alle altre religioni, per "salvare la loro anima", e in questo modo hanno evidentemente ignorato o calpestato le radici di appartenenza di interi popoli. Hanno fatto bene? Nella misura in cui hanno usato forme di violenza fisica o psicologica, chiaramente no. Ma certamente non avrebbe senso per noi oggi sostenere che un individuo appartenente ad un'altra "tradizione" non abbia diritto di convertirsi al cristianesimo.


Viene pertanto il sospetto che la richiesta di non dimenticare le proprie radici cristiane, debba valere, agli occhi dell'attuale papa e di chi si dice d'accordo con lui, solo per i popoli cristiani, e per gli individui che vivono in società storicamente cristiane. Insomma, solo per noi. Gli altri, invece, ci auguriamo che si convertano alla nostra, unica vera, religione. O forse il papa si augura gli indiani non dimentichino le loro radici, indù, buddhiste e quant'altro? o che gli africani non dimentichino le loro radici animiste?

E' dunque evidente che questo discorso, sotto la maschera della difesa dell'identità cristiana che sarebbe "in pericolo" (l'artificio retorico del dichiarare qualcosa "in pericolo", vittima o in via di estinzione funziona sempre...), nasconde un discorso autoritario, che potrebbe essere formulato così: "Forse tu, individuo secolarizzato del 21° secolo, non ti sei accorto che le tue radici sono cristiane, e dunque la tua identità è cristiana, ma è bene che da oggi te ne renda conto e dunque ti comporti di conseguenza". E naturalmente da questo discorso, seguirebbe che occorre sottomettersi al volere di quella che vuole essere la custode della dottrina cristiana (ma su questo i protestanti non sarebbero d'accordo...), e cioè la chiesa cattolica.


Un altro aspetto che viene sottaciuto da parte di chi difende le cosiddette radici, è il fatto in fondo ovvio, che un tempo le radici furono novità. Così, basandosi solo sulla difesa delle radici, un cittadino romano e pagano del IV secolo, avrebbe potuto apostrofare uno dei "primi cristiani" in questo modo: "ma non vedi che le tue radici sono pagane?", volendo significare: QUINDI la tua identità è pagana!!!



Oltre a ciò, va comunque ricordata l'ovvia circostanza che non tutto ciò che è legato alle radici, è per questo motivo giusto o degno di essere difeso. Nelle regioni dell'Africa sub-sahariana, si difendono le pratiche di mutilazione femminile in quanto connesse con le "radici" dei popoli che abitano quelle aree, e "dunque", con la loro "identità". Che cosa ne pensa il papa?


Chi è onesto intellettualmente, dovrebbe difendere i propri valori in quanto tali, in quanto li considera giusti, veri, utili, non in quanti connessi con le "radici".



Ad esempio, si dice che la democrazia sia una creatura fragile, e che vada continuamente difesa da possibili degenerazioni e abusi. Questo è vero, ma noi non vogliamo difendere la democrazia perché apparterrebbe alle nostre "radici", ma perché la consideriamo un bene imprescindibile!

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